mercoledì 30 settembre 2015

L'ansia e la sua gerarchia evolutiva

l'ansia e la sua gerarchia evolutiva
L'ansia ha una sua gerarchia evolutiva durante lo sviluppo
L’ansia presenta una sua gerarchia evolutiva, dalle sue forme più lievi alle sue forme più gravi sia a livello sintomatologico sia rispetto alle dinamiche (processi psicologici ed emozionali coscienti ed inconsci) che essa sottende. 

Dalla sua forma più evoluta alla sua forma più regressiva, possiamo così descrivere la gerarchia dell’ansia:
  • Ansia superegoica (del Super Io) legata cioè a problematiche della nostra coscienza morale.
  • Angoscia di castrazione.
  • Angoscia o paura, connotata da grande ansia, di perdere l’amore dell’oggetto, cioè della persona a cui siamo affettivamente legati che in origine è la madre.
  • Angoscia di perdere l’oggetto d’amore, cioè la persona sulla quale abbiamo investito il nostro affetto e che per noi rappresenta il nostro punto di riferimento. In questo caso si sperimenta una profonda ansia di separazione.
  • Angoscia persecutoria: quando il senso di persecuzione è molto forte, l’ansia diviene un’insopportabile esperienza di angoscia legata a persone o situazione dalle quali si teme di poter essere in qualche modo “attaccati” o comunque, ci si sente minacciati ed alle quali si attribuiscono cattive intenzioni nei nostri confronti che in realtà esse non hanno.
  • Angoscia di disintegrazione:  rappresenta la più arcaica e devastante esperienza di angoscia per l’individuo, con una profonda paura di perdere la propria integrità personale psicofisica ed i propri confini e senso di sé  fino a confondersi con l’oggetto (come può accadere, in modo però normale, nel bambino piccolissimo che ancora non distingue bene tra se stesso e la mamma). Per “oggetto” si intende  qualsiasi “persona” con la quale abbiamo un certo tipo di relazione affettiva.

lunedì 28 settembre 2015

La depressione e i rimedi naturali per combatterla

Alcuni cibi aiutano a combattere la depressione
La depressione è un disturbo dell’umore la cui origine  può essere endogena, come nel caso della “bipolare” oppure reattiva, cioè come già spiegato in un precedente articolo, conseguente ad un evento esterno come un lutto – ad esempio la depressione può manifestarsi dopo la perdita di un coniuge amato –  una perdita o separazione. La depressione può anche manifestarsi come reazione emotiva ad una malattia propria o di un parente stretto, ad un trasloco, una bocciatura, un cambiamento di lavoro o di residenza, il pensionamento, un periodo di stress prolungato. In questi casi generalmente, la persona si riprende abbastanza in fretta, recuperando le proprie energie psicofisiche. Alcune persone soffrono di depressione soprattutto nelle stagioni in cui  la luce del sole diminuisce. In questo caso, si tratta della SAD o Depressione Affettiva Stagionale, che è molto diffusa in alcuni paesi dell’emisfero boreale. La SAD è caratterizzata da un abbassamento del tono dall'umore, da perdita di piacere e di energia, oltre che dalla presenza di dolori fisici soprattutto alla schiena o alla stomaco.
Nella Depressione Affettiva Stagionale, tipica dell’autunno – inverno, sono sempre presenti una grande fame di carboidrati  dolci ed ipersonnia. In quest’ultimo caso, è utile l’esposizione ad una specifica luce artificiale potrà apportare un notevole miglioramento. La luce infatti, favorisce la produzione di ormoni utili al mantenimento di un buon equilibrio del nostro tono dell’umore, in primo luogo la serotonina. La luce inoltre, aiuta le funzioni tiroidee. Una disfunzione tiroidea può notoriamente essere correlata ai disturbi dell’umore.
Nel corso di una depressione non grave e prontamente diagnostica è possibile, prima di ricorrere agli psicofarmaci, ovvero quando essi non siano ritenuti assolutamente necessari dal nostro medico di base oppure dallo specialista, utilizzare alcuni rimedi naturali presenti nei cibi che quotidianamente assumiamo e che hanno dimostrato la loro efficacia nel portare sollievo a chi soffre di disturbi dell’umore. Tra questi, i seguenti svolgono una funzione benefica sul tono dell’umore:
  • Magnesio: si trova sia in alcuni cibi quali le banane, gli spinaci, i carciofi e la frutta secca come i datteri, sia in forma più concentrata, in alcuni 
    specifici preparati farmaceutici. Il magnesio aiuta anche a contrastare l’ansia.
    Selenio: si trova in diversi alimenti quali i frutti di mari, cereali, formaggi e carni. Una carenza di selenio può avere un'incidenza diretta sull'insorgenza di disturbi dell’umore poiché può compromettere i processi di ossigenazione ed eccitabilità delle cellule nervose. Il Selenio è uno dei minerali la cui carenza può essere anche essere alla base "di" oppure peggiorare un ipotiroidismo che spesso può scatenare forme depressive altrimenti inspiegabili.
  • Zinco: è coinvolto nella modulazione degli impulsi nervosi ed una sua carenza può provocare alterazioni dell’umore. E’ possibile trovare lo zinco in alimenti come le uova, il pesce, il latte, alcuni salumi e formaggi, nel lievito.
    Lo zinco anche se essenziale per il benessere, può nuocere non solo se carente ma anche se assunto in quantità eccessive. In questo caso può infatti determinare tossicità. 
  • Acido folico: si tratta di una vitamina fondamentale, la B9 o M, che non essendo prodotta naturalmente dall'organismo, deve essere assunta con l’alimentazione. Il suo ruolo è quello di permettere la sintesi di neurotrasmettitori che è fondamentale per l’attività cerebrale.
E’ possibile trovare l'acido folico nelle verdure a foglie verdi come la lattuga, gli asparagi, gli spinaci, i broccoli, i cavolini di Bruxelles, i carciofi; lo troviamo anche in alcuni tipi di frutta secca come le mandorle e nelle arachidi oltre che in alcuni tipi di frutta fresca come nelle arance, nei limoni e nelle fragole. 
E’ presente anche nei legumi e nei cereali. 
Esistono poi degli alimenti a base di cereali definiti fortificati contenenti in una porzione la quantità di folati che un organismo umano deve assumere in un giorno per il proprio benessere psicofisico. 

Una recente ricerca giapponese ha confermato che alcuni gruppi di persone depresse, presentavano una mancanza di acido folico, rilevata nel loro sangue attraverso specifiche analisi cliniche di laboratorio contrariamente a gruppi di persone non depresse nel cui sangue era invece presente una maggiore quantità di folati. 

Fortunatamente è ormai noto alla gran parte delle mamme, grazie alla sempre maggiore diffusione di campagne preventive effettuate da professionisti sanitari e da mass media, che si tratta di una vitamina la cui assunzione ha un ruolo particolarmente rilevante nelle donne in attesa o che programmano una gravidanza. Ciò non solo al fine di garantire un adeguato sviluppo del feto ma anche per prevenire la depressione post – partum.

Depressione e rimedi naturali: vitamine ed omega3


La depressione può giovarsi di terapie integrate

La depressione anche grave può trovare giovamento dall'integrazione di specifiche cure farmacologiche e psicologiche – psicoterapeutiche con alcuni rimedi naturali la cui efficacia è stata dimostrata anche da ricerche scientifiche presenti nei cibi oppure disponibili in forma concentrata in preparati farmaceutici. Leggiamone allora alcuni, per orientarci, iniziando dalle vitamine B. Quali sono più utili in questo caso e dove possiamo trovarle?
  • Vitamine B9 e B12: sono coinvolte nell'ossigenazione del cervello; della vitamina B9 abbiamo già parlato in un altro articolo, a proposito dell’acido folico. La Vitamina B 12 è nota per il suo effetto energizzante e per il miglioramento che è in grado di apportare a patologie non solo neurologiche centrali e periferiche (neuropatie diabetiche ad es.) ma anche nelle patologie neuropsichiatriche e nella prevenzione e rallentamento della degenerazione mentale. La Vit. B12 che con la vit B9 svolge un’azione sinergica, può essere assunta attraverso l’alimentazione con tonno, salmone, alici, mozzarella, emmental, uova oppure può essere assunta come integratore orale oppure, se necessario, per via parenterale. 
  • Vitamine A, E e C: svolgono una efficace azione antiossidante, grazie ad un’ un’azione di cattura nei confronti dei radicali liberi che vengono sviluppati dal cervello, che è l’organo del corpo che consuma più ossigeno. Numerosi studi hanno dimostrato che la Vitamina C fornisce un valido aiuto nella cura della depressione; anche nelle forme più gravi della patologia essa può essere integrata come supporto, con le terapie psicofarmacologiche. 
  • Omega 3, acidi grassi: sono degli antiossidanti naturali contenuti in pesci come salmone e tonno, alici, olio di oliva oltre ad essere disponibile come integratore. Una ricerca del 1998, aveva già dimostrato l’importanza di questi grassi assunti in forma di olio di pesce nel miglioramento dei sintomi depressivi. Successivamente, sono stati condotti in diverse Università del mondo (Inghilterra, Olanda, Finlandia, Usa) delle ricerche che ne hanno confermato l’importanza nella terapia di questa patologia dell’umore elle sue diverse forme, oppure, lì dove gli psicofarmaci sono inevitabili, come fattore protettivo e coadiuvante degli stessi. 
Alcune tra le prime ricerche finalizzate a comprendere il ruolo degli Omega 3 nella depressione:
I primi studi vennero condotti presso il “Laboratoire de Biophysique Medicale et Pharmaceutique di Tours” in Francia e consistevano in una ricerca condotta utilizzando come soggetti sperimentali dei ratti. I risultati dimostrarono l’importanza degli acidi grassi Omega 3 come regolatore della dopamina – neurotrasmettitore – e quindi, essendo in questi ultimi il ruolo della dopamina fondamentale, di alcuni sintomi depressivi.


Il prezzo del petrolio ai minimi storici!!!

La prima vera e propria ricerca sull'effetto antidepressivo degli Omega 3 con asseri umani, venne condotta nella” Medical School di Boston“ negli Usa dove il dottor Andrew Stoll e la sua equipe, cercando una possibile alternativa al litio (equilibratore dell’umore) a causa dei suoi effetti tossici, da poter somministrare ai pazienti con patologia bipolare che attraversavano fasi depressive gravi, decisero di testare l’efficacia degli acidi grassi Omega 3 EPA e DHA contenuti nell'olio di pesce.Egli divise allora i pazienti in due gruppi, uno che assumeva una quantità controllata di 9 grammi quotidiani di EPA e DHA utilizzando l’olio di pesce mentre al secondo gruppo o gruppo di controllo, somministrò invece olio di oliva. Il risultato dello studio fu piuttosto sorprendente perchè entro al massimo 4 (quattro ) mesi, i sintomi della malattia si stabilizzarono in coloro che assumevano olio di pesce mentre peggiorarono in chi assumeva soltanto olio di oliva, tanto da richiedere, per motivi etici, la sospensione dell’esperimento stesso. Questi risultati furono comunque confermati da alte ricerche condotte altrove, dapprima in Israele poi presso lo Swallownest Court Hospital di Sheffield (Regno Unito) .

I risultati di quest’ultimo studio sono stati pubblicati negli “Archives of General Psychiatry“, dove gli Omega 3 sono definiti efficaci per ridurre una serie di sintomi tipici della depressione quali:

  • tristezza 
  • mancanza di energie 
  • tendenze suicide 
  • insonnia 
  • stati d’ansia 
  • calo della libido
Gli Omega 3 si sono dimostrati efficaci anche in disturbi tipicamente femminili di fluttuazioni dell’umore legati a fattori ormonali, apportando in tal caso un effetto stabilizzante.

venerdì 25 settembre 2015

Cosa sono la depressione reattiva e stagionale

La depressione: un male moderno in aumento...
La depressione è un disturbo dell’umore che attualmente affligge moltissime persone in tutto il mondo. I suoi sintomi principali sono una marcata tristezza che può essere presente quasi ogni giorno accompagnata da facilità al pianto e dalla presenza di pensieri negativi relativamente a se stessi ed alla vita con forte tendenza ad incolparsi e svalutarsi. Appetito e sonno sono  aumentati o diminuiti, con una tendenza a mangiare troppo o troppo poco. Quando siamo depressi possiamo pensare ed agire con più lentezza rispetto al solito oppure, al contrario, con maggiore agitazione. Può capitarci anche di sentirci più facilmente irritabili ed ansiosi e ci affatichiamo più facilmente.
L’ origine della depressione può essere endogena, come nel caso della “bipolare” oppure reattivacioè conseguente ad un evento esterno come un lutto – ad esempio la depressione può manifestarsi dopo la perdita di un coniuge amato –  o una perdita o separazione. La depressione può anche manifestarsi come reazione emotiva ad una malattia propria o di un parente stretto, ad un trasloco o ad una bocciatura, ad un cambiamento di lavoro o di residenza oppure ad un insuccesso professionale, al pensionamento e ad un periodo di stress prolungato. In  questi casi generalmente, la sua durata è abbastanza breve e la persona superata la fase di dolore più profondo ed intenso, recupera le sue energie, riuscendo a riprendere dopo poco tempo la sua vita abituale.


Riforma pensioni: quanto ci costa la flessibilità

Alcune persone soffrono di depressione soprattutto nelle stagioni in cui la luce del sole diminuisce. In questo caso, si tratta della SAD o Depressione Affettiva Stagionale, caratterizzata da un abbassamento del tono dall’umore, da perdita di piacere e di energia, oltre che dalla presenza di dolori fisici soprattutto alla schiena o alla stomaco. Nella Depressione Affettiva Stagionale, tipica dell’autunno ed inverno, sono sempre presenti una grande fame di carboidrati, di dolci ed ipersonnia. Nella depressione affettiva stagionale l’esposizione ad una specifica luce artificiale per un periodo di tempo predeterminato durante la giornata, potrà apportare un notevole miglioramento. La luce infatti, favorisce la produzione di ormoni utili al mantenimento di un buon equilibrio del nostro tono dell’umore, in primo luogo la serotonina e la melatonina.

giovedì 24 settembre 2015

I danni dell'alimentazione moderna


L’evoluzione tecnologica e l’industrializzazione dell’ultimo secolo hanno portato innegabili vantaggi sociali, ma hanno portato anche delle modifiche nel nostro regime alimentare che hanno delle ricadute molto negative sulla nostra salute. Diversi studi scientifici, indipendenti fra di loro, hanno messo in evidenza, in tutta la sua drammaticità, l’inadeguatezza dell’alimentazione moderna ed il ritardo con cui la medicina sta reagendo ai problemi nutrizionali. Per comprendere quanto siano devastanti gli effetti di un’alimentazione scorretta occorre dire con chiarezza che l’assunzione di cibi inadeguati per l’organismo (industriali, iperprocessati, poveri in nutrienti e ricchi in grassi, conservanti e coloranti) è alla base di molte patologie moderne, come testimoniato dai numerosi studi che hanno confrontato l’incidenza di malattie come gli infarti, i tumori, il diabete e l’obesità in popolazioni che hanno un’alimentazione più vicina a quella primitiva rispetto a noi occidentali.
Fra i punti più critici dell’alimentazione moderna possiamo elencare:
1.    Eccessivo apporto di carboidrati raffinati: l’eccessivo consumo di carboidrati e di zuccheri raffinati (non integrali) è legato a molte patologie tra cui obesità, diabete, sindrome metabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, dislipidemie ed alcune forme di tumore (colon, seno, prostata). Il consumo annuale di zucchero nel Regno Unito è passato, in poco più di un secolo (dal 1815 al 1970), da 6.8Kg pro-capite a 54.5Kg, con un aumento dell’800%! Negli USA il consumo di zucchero nel 2000 è arrivato a 69.1Kg all’anno. Il problema, oltre alle scelte alimentari sbagliate,  è anche aggravato dall’assunzione inconsapevole di zucchero, che viene aggiunto proditoriamente (con il fine di creare dipendenza) in moltissimi prodotti confezionati tra cui bibite, merendine, caramelle, condimenti e perfino nel salmone affumicato e nella senape.
2.    Errata assunzione di acidi grassi: la demonizzazione ingiustificata dei grassi ha comportato un ridotto consumo anche di quelli sani e uno spostamento verso cibi a basso contenuto di grassi ma con zuccheri aggiunti, molto deleteri per la salute.  Sono i cosiddetti cibi “light”, vere trappole per i consumatori che ne consumano in abbondanza ingerendo grandi quantità di zuccheri raffinati. Un bilanciato consumo di acidi grassi è invece essenziale per la salute umana, garantita in particolare dall’assunzione di acidi grassi omega 3 con proprietà anti-infiammatorie, neuro e cardio-protettive. Sono invece assolutamente da evitare i grassi idrogenati, presenti in massa nei cibi industriali (ad esempio l’olio di palma), che non vengono metabolizzati dal corpo umano e hanno effetti davvero devastanti sul metabolismo.
3.    Scarso contenuto di micronutrienti: la raffinazione e produzione industriale dei cibi li rende sostanzialmente privi delle concentrazioni di micronutrienti (vitamine, minerali) necessarie a garantire la salute. Secondo molti autori, nel mondo occidentale si vive in una condizione di carenza cronica di vitamine e minerali, carenza che non è sufficiente a dare una vera e propria avitaminosi ma che incide negativamente sul nostro metabolismo e sulla funzionalità enzimatica.
4.    Scarso contenuti di fibra: ai cibi raffinati viene ovviamente tolta la fibra che però ha un ruolo importante nella fisiologia dell’apparato gastrointestinale. La fibra solubile, di cui sono ricche frutta e verdura, funge da tampone per l’assorbimento di zuccheri e grassi, riduce le LDL (colesterolo “cattivo”) e aumenta le HDL (colesterolo “buono”)  mentre la fibra insolubile, che si trova prevalentemente nei cereali integrali serve ad ottimizzare il transito gastrointestinale.
5.    Errato equilibrio acido-base: tutti i cibi, dopo essere stati digeriti, rilasciano sostanze alcaline o acide nella circolazione sanguigna. Oggi la maggior parte dei cibi alcalinizzanti o neutri (legumi, verdure, frutta, noci, semi, tuberi) sono spariti dalla nostra alimentazione per lasciare spazio a cibi acidificanti (carne, uova, latte, formaggi, sale). Questo comporta che molti di noi vivono in uno stato di acidosi cronica che è causa di numerosi squilibri metabolici.
L’inadeguatezza dell’alimentazione moderna è un dato di fatto scientificamente dimostrato. Purtroppo la maggior parte dei medici fatica a comprendere l’importanza dell’alimentazione nella salute dell’uomo (nel corso di laurea di medicina ancora oggi la nutrizione clinica viene ignorata) e a volte sembra anche che le indicazione fornite dalla classe medica siano ancora una volta filtrate delle industrie alimentari. 
Cosa fare allora? Probabilmente per garantire la nostra salute nel futuro dobbiamo impossessarci nuovamente del nostro passato. Gli animali selvatici mangiano obbedendo esclusivamente allo stomaco e al sistema gastrointestinale: non ingrassano, mangiano quel che basta per sfamarsi e rimangono attivi ed autonomi fino a pochissimo prima della loro morte. L’uomo moderno mangia guidato dal cervello ed i centri del piacere, non sazia il suo corpo ma i suoi desideri. Ma, è sotto gli occhi di tutti, ne paga le conseguenze in termini di malattie degenerative che, a causa di gravi disabilità, troppo spesso rendono gli ultimi anni della vita un vero calvario.


mercoledì 23 settembre 2015

L'ansia: cos'è e come si manifesta

come si manifesta l'ansia?
L’ansia è una normale risposta del nostro organismo alla percezione di un pericolo vero o presunto oppure ad uno stress o preoccupazione. L’ansia in sé non ha niente di disfunzionale in quanto essa consiste in una reazione di allarme che ci permette di mobilitare le nostre risorse psicocorporee a diversi livelli: somatico, cognitivo, emozionale ed è grazie alla mobilitazione di queste risorse  che riusciamo generalmente ad affrontare le diverse situazioni presenti nel nostro ambiente di vita e di lavoro. Per questo motivo, in parte l’ansia può assalirci anche in situazioni positive in cui è presente una forte aspettativa o il timore di perdere il controllo della situazione.Talvolta però l’ansia può essere eccessiva e difficilmente controllabile con la razionalità poiché essa si accompagna ad una serie di manifestazioni fastidiose di diversa intensità, da lievi a molto spiacevoli e penose a livello corporeo quali:
  • tachicardia
  • affanno
  • dolore al torace
  • mal di testa
  • tremori
  • vertigini
  • pallore
  • rossore
  • difficoltà a parlare
  • difficoltà a deglutire
A livello mentale o psichico, nella persona accade che : diminuisce la percezione di avere il controllo della situazione, che a sua volta genera ulteriore ansia.
In questi casi quando l’ansia è molto forte, può sfociare talvolta in un vero e proprio Attacco di Panico. Conoscere la propria ansia rappresenta quindi il primo importante passo per poterla meglio fronteggiare nella nostra quotidianità, per migliorare la nostra salute psicofisica ed i nostri rapporti interpersonali. Ciò è possibile ricorrendo ad  alcuni strumenti di base quali:
Dopo braccia e gambe anche gli occhi diventano bionici


  1. l’informazione
  2. la prevenzione
  3. un parere professionale come una consulenza breve, che può aiutarci, nel caso in cui un’ansia che percepiamo come eccessiva ci crei malessere, ad accedere e ad utilizzare meglio le nostre risorse personali in modo che  esse ci aiutino ad affrontare l’ansia con maggiore efficacia.
Dobbiamo infatti pensare che tanto più riusciamo ad agire precocemente su un’ansia che sembra progredire e sfuggire al nostro controllo, anche utilizzando dei metodi terapeutici dolci quali ad es. la Meditazione, lo Yoga, il Training Autogeno, il Rilassamento Muscolare Progressivo,  Esercizi di Respirazione, tanto più facilmente eviteremo che vi sia una progressione dell’ansia stessa verso le sue forme più regressive a causa dell’aumentare della sofferenza che essa provoca, autoalimentandosi.


mercoledì 16 settembre 2015

La dislessia: cos'è e come si manifesta

La dislessia non è sinonimo di indolenza...
La Dislessia evolutiva è un disturbo dell’apprendimento che può emergere quando il nostro bambino inizia ad imparare a leggere e a scrivere in modo continuativo come avviene di solito quando entra nella scuola elementare. In realtà la difficoltà è già presente, ma non si manifesta finché non viene richiesto al bambino un certo tipo specifico di abilità. La dislessia non è causata da deficit di intelligenza, né da problemi ambientali o psicologici (che possono però aggravarla o derivarne se essa non viene affrontata) o da deficit sensoriali o neurologici. Si  manifesta in bambini che  abbiano avuto normali opportunità scolastiche. Il bambino dislessico fa molta fatica a leggere, perché non riesce a leggere e scrivere in modo automatico perciò deve sempre impegnarsi al massimo per riuscirci. La difficoltà di lettura può essere più o meno evidente e spesso si accompagna a problemi nella scrittura e nel calcolo. Il bambino  dislessico è intelligente vivace e creativo. E’ un bambino del tutto normale con un problema di apprendimento.  Vediamo alcuni errori tipici che fa un dislessico nella lettura e nella scrittura:
–  Sostituzione di lettere (v/f, b/d, p/q)
–  Inversione di lettere e numeri (42-24)
–  Difficoltà ad imparare le tabelline
–  Difficoltà ad imparare delle informazioni in sequenza come ad esempio, i giorni della settimana e le lettere dell’alfabeto
–  Difficoltà nei rapporti spazio-temporali
Spesso il bambino dislessico sembra disorganizzato nelle attività scolastiche e talvolta anche nella quotidianità. Spesso la fatica e la frustrazione per lo scarso rendimento nonostante l’impegno che mette nel riuscire nel suo compito, possono provocare nel bambino sofferenza e sentimenti di autosvalutazione.
Possiamo quindi capire che è molto importante che la diagnosi di questo disturbo venga fatta il prima possibile da parte di specialisti, come psicologi specializzati problemi dell’infanzia ed in DSA anche con il supporto di specifici test appositamente studiati, al fine di potergli fornire quanto prima aiuti specifici ritenuti per lui necessari e più utili. E’ importante infatti garantire al bambino con dislessia le stesse opportunità di apprendimento degli altri bambini attraverso l’utilizzo trattamenti riabilitativi e tecniche compensative, per garantire poi adeguate opportunità di apprendimento, così consentire in futuro a questi bambini, che sono uguali agli altri, una volta che diventeranno più grandi, uguali opportunità professionali e sociali rispetto ai normo lettori.
Dopo braccia e gambe anche gli occhi diventano bionici!




Vaccinazione antiinfluenzale: attenzione ai falsi timori…

La vaccinazione antiinfluenzale può salvarti la vita!
L’autunno si avvicina e si avvicina il momento di pensare alla vaccinazione antiinfluenzale. Negli ultimi due-tre anni e per vari motivi molti pazienti hanno deciso di non vaccinarsi, una volta per notizie riguardanti l’integrità del vaccino di cui furono ritirate centinaia di migliaia di dosi, un’altra per notizie allarmanti su presunte mortalità dopo la somministrazione dello stesso.

In ogni caso, negli ultimi tempi la vaccinazione antiinfluenzale ha subito un grosso calo e le conseguenze si sono sommate nel corso degli ultimi due-tre anni. Fino a tre anni fa, infatti, nel nostro ambulatorio di Medicina Generale arrivavano in massa le persone più in là con gli anni per la vaccinazione, ma poche di loro tornavano nel picco influenzale, quando invece ad accedere agli ambulatori erano per lo più pazienti giovani che non avevano effettuato la vaccinazione. Negli ultimi anni, invece, i casi di influenza nelle persone più anziane e nei pazienti affetti da patologie croniche si sono moltiplicati e, nell’anno passato si sono moltiplicati i casi di complicanze legate all’influenza: polmonite, scompenso cardiaco, squilibri metabolici in diabetici.

Negli ultimi tempi si notano sui social post minacciosi che inducono a pensare ad effetti collaterali terribili per chi effettua normalmente la vaccinazione (ad esempio un aumento del tasso di Alzheimer) e queste notizie allarmano ancora di più i pazienti che appartengono alle categorie a rischio. In realtà si tratta di notizie assolutamente prive di fondamento scientifico, mentre le notizie sui reali pericoli dell’influenza raramente vengono pubblicate e diffuse fra la popolazione.
La realtà scientifica sulla vaccinazione antiinfluenzale dice che tutti i pazienti affetti da patologie croniche (in particolare diabete, cardiopatie, bronchite cronica o asma, insufficienza epatica o renale) e i soggetti ultrasessantaciqnuenni hanno un tasso di complicanze molto più alto delle persone che non presentano patologie di base e che queste complicanze portano quasi sempre a ricoveri ospedalieri, lunghe terapie antibiotiche o addirittura la morte. 

Non solo smartphone e tablet. I progetti nel cassetto di Apple


La statistica dice che ogni anno, in Italia, muoiono circa ottomila persone per le complicanze dell’influenza e non c’è giustificazione per chi mette in atto campagne terroristiche che inducano i soggetti più fragili a non vaccinarsi.



Il consiglio di che, come me, pratica la medicina generale da oltre quindici anni, è di effettuare la vaccinazione antiinfluenzale e di accompagnare i familiari ultrasessantacinquenni a farla nello studio del proprio medico di famiglia. La vaccinazione è importante anche per tutti coloro che assistono o sono a stretto contatto con persone anziane o ammalate per evitare di portare loro il virus influenzale.




lunedì 14 settembre 2015

NUOTO, SCOLIOSI E MAL DI SCHIENA

Il nuoto è un toccasana per il mal di schiena? Non è detto...
Da sempre il nuoto è considerato lo sport sano per eccellenza, ottimo per risolvere tutti i problemi di salute, ed in particolare quelli a carico della colonna vertebrale. Una specie di panacea. Lo si è creduto per oltre 20 anni, periodo nel quale questo sport è stato largamente consigliato a chi avesse atteggiamenti scoliotici sospetti, scoliosi vere o, più in generale, delle alterazioni posturali. Da un paio di anni questo mito, finalmente, è stato sfatato. 

Quello che molti fisiatri sostenevano da anni, cioè che il nuoto avesse una serie di controindicazioni, adesso, dati scientifici alla mano, è provato. Il nuoto non cura la scoliosi, anzi in molti casi può rivelarsi controindicato. E rischia anche di indurre mal di schiena. Sono questi i risultati di un brillante studio del 2013 sviluppato da Isico (“Swimming is not a scoliosis treatment: a controlled cross-sectional survey”), che ha messo a confronto un gruppo di 112 nuotatori a livello agonistico (nuoto praticato 4-5 volte a settimana) con una popolazione scolastica, maschile e femminile, di 217 studenti pari età, che praticava sport in maniera amatoriale o non lo praticava affatto. I nuotatori, soprattutto femmine, presentavano delle asimmetrie del tronco più accentuate ed una maggiore ipercifosi, con una frequenza maggiore di dorsi curvi e mal di schiena. Secondo il Dott. Fabio Zaina, specialista in Fisiatria in servizio presso l’Isico, il nuoto “induce a un collasso della schiena ed allena soprattutto la muscolatura degli arti, essendo praticato in scarico”. 

Dai dati rilevati emerge senza dubbio che il nuoto non deve essere consigliato come terapia per la scoliosi e, se praticato in eccesso, può incidere negativamente sulla postura e provocare mal di schiena. Il nuoto è stato molto spesso prescritto anche per cercare di risolvere casi di lombalgia e lombosciatalgia in pazienti con ernia discale, ma anche in questi casi vi sono delle precise controindicazioni. Raramente i pazienti che presentano questi quadri clinici sono degli atleti ben allenati, anzi spesso sono soggetti sedentari, sovrappeso, dediti magari a lavori usuranti che hanno alterato la corretta postura del rachide, con muscoli (addominali in particolare) nel migliore dei casi ipotrofici e decisamente deboli, condizioni che non permettono di tenere una corretta posizione in acqua. Se, infatti, immaginiamo l’asseto di un atleta che nuota a stile libero come simile a quello di un siluro, con una posizione alla vista laterale perfettamente rettilinea mantenuta da muscoli addominali e lombari molto forti, i pazienti di cui sopra facilmente terranno una posizione incurvata, simile più ad un’amaca che ad un siluro. Il ventre, infatti, durante l’attività fisica, tenderà ad avvicinarsi al fondo vasca (in particolare nuotando a stile libero ed a rana) portando il rachide in iperlordosi,  postura che tende a sovraccaricare le articolazioni intervertebrali e avvicina pericolosamente le eventuali ernie discali alle radici nervose. 

Quanto detto non intende demonizzare il nuoto, che presenta indubbiamente una serie di qualità: è uno sport simmetrico, richiede l’utilizzo di numerosi muscoli e rappresenta un’ottima attività aerobica.  Ma, quando prescritto per fini terapeutici, va considerato come qualunque terapia, della quale occorre considerare non solo i potenziali vantaggi ma anche le possibili controindicazioni.

sabato 12 settembre 2015

La dipendenza da SMS e glI adolescenti: un problema sociale

Uno studio della Pennsylvania State University di Middletown pubblicato sullo Social Science Journal dovrebbe preoccupare molto i genitori di figli adolescenti. 
Secondo questo studio il 34% degli stidenti universitari invia SMS mentre fa la doccia, il 22% lo fa durante le cerimonie religiose e addirittura il 7,4% durante i rapporti sessuali!

Il mattone riparte: ecco i consigli sugli investimenti


Lo studio, condotto su 152 studenti universitari,  rivela come i ragazzi trovino assolutamente normale inviare SMS mentre sono in bagno e lo facciano compulsivamente anche se ritengono che il momento non sia opportuno.
Questo comportamento configura una vera e propria dipendenza e, secondo gli scienziati che hanno condotto l'esperimento è dovuto ai meccanismi che regolano le reazioni di allarme e le reazioni ai pericoli: "Siamo tutti programmati per notare i movimenti e i cambiamenti – spiega la docente -, pertanto i ronzii e i suoni degli sms potrebbero determinare la necessità di capire cosa stia accadendo, proprio come in passato certi rumori segnalavano la presenza dei predatori”.

Una corretta nutrizione è la base per il benessere di grandi e piccini

Molte persone considerano il cibo solo una necessità oppure arrivano all'estremo opposto e ne fanno una ragione di vita. Una corretta nutrizione, invece è alla base del benessere psico-fisico delle persone.
Tutti i componenti dei cibi sono importanti per costruire il nostro fisico, alcuni sono addirittura fondamentali per alcu e funzioni del nostro organismo.
Ecco perché è importante intraprendere un viaggio all'interno del pianeta nutrizione per poter conoscere e apprezzare tutti i componenti dei vari cibi. Si può,  in questo modo raggiungere quel benessere a cui tutti anelano.

venerdì 11 settembre 2015

Esiste ancora la discliplina?

Ha ancora senso parlare di disciplina?
Quando giocate, avete l’abitudine di cambiare le regole a ogni partita? Le regole non sono sempre le stesse, costanti, qualunque sia la posta in gioco?
Nel campo della disciplina e della vita familiare succede lo stesso. Come in un gioco, le regole devono devono essere chiare e costanti prevedendo sempre una conseguenza quando vengono infrante.
E’ relativamente facile insegnare al bambino regole da osservare. Quello che è più difficile è mantenerle e farle rispettare.
Ma torniamo a noi, la disciplina che cos’è? Si tratta in un certo senso di mettere dei segnali di stop, dei limiti che servano a proteggerli, a proteggere gli altri, ad insegnarli a fermarsi quando il loro comportamento diventa spiacevole o pericoloso. La disciplina consiste nell’insegnare le regole che sono in vigore in famiglia, a scuola e nella società per eliminare comportamenti non accettabili. E le regole sono uno dei fondamenti della vita sociale. Prima il bambino le assimila, più facile sarà il suo adattamento ai diversi contesti.
Cosa potrebbe succedere ad un bambino, se nessuno gli indica il percorso, gli pone dei limiti, delle indicazioni? Troppi adolescenti sono oggi alla ricerca di regole che non hanno mai dovuto rispettare. per trovare la strada giusta e realizzarsi pienamente il bambino ha bisogno di adulti amorevoli e capaci di guidarlo, di accompagnarlo.
La disciplina rassicura il bambino ed è essenziale allo sviluppo della sua autostima.
Come fare allora?
Per prima cosa incoraggiamo il rispetto delle regole.
Immaginiamo una bambina che, al ritorno da scuola, dimentica di mettere a posto il giubbotto per la prima volta dopo diversi giorni e immaginiamo che il genitore sia subito pronto a farle notare la cosa. Pensate all’effetto della motivazione di questa piccola se i genitori non sottolineano mai gli sforzi che compie SEMPRE e rilevassero invece solamente la dimenticanza occasionale.
Quando dunque intervenire?
L’essenziale è chiedersi se l’azione che ci si appresta a compiere è realmente pertinente. E’ necessaria per la sicurezza del bambino o per la difesa dei nostri valori?
Meno interveniamo più i nostri interventi vengono notati, meno controlliamo la sua vita, più sarà disposto ad ascoltarci quando sarà davvero importante. Un eccesso di controllo non insegna al bambino a controllarsi.
Come disciplinare?
Ci sono molti modi per insegnare la disciplina al proprio figlio. Eccone tre:
DISCIPLINA RIGIDA – L’adulto decide e impone la sua volontà. Per lui esiste un solo modo di pensare. Nel bambino l’obbedienza è favorita a scapito dell’autonomia. Manca di fiducia in se stesso, si esprime poco diventando a volte aggressivo.
DISCIPLINA PERMISSIVA – L’adulto non è in grado di dire no al figlio che però ne esce insicuro e ansioso
DISCIPLINA DI TESTA E CUORE – L’adulto ha come obiettivo quello di formare un figlio autonomo. Non teme di affermarsi ma non abusa del suo potere.
E’ quest’ultima la scelta migliore. Non può esistere disciplina senza amore quindi, per concludere, ricordate che sensibilità e fermezza devono camminare insieme.

Quante volte dobbiamo ripetere le cose ai nostri figli?

Uno degli obiettivi perseguiti dai genitori consiste nello smettere di ripetere incessantemente le stesse cose al bambino e dunque insegnargli ad ascoltare fin dalla prima richiesta.
Il fatto di ripetere le nostre richieste ai bambini è davvero diffuso. Immaginiamo  di chiedere a vostro figlio di riordinare la sua cameretta. Se risponde “si, lo faccio subito” potete tranquillamente dedicarvi ad un’altra attività, dato che la situazione è risolta. Ma questo, purtroppo, avviene davvero di rado. Molto più spesso, non si riceve nemmeno un NO, ma un grande silenzio. Come se il bambino fosse sordo.
Secondo uno studio del Dott. Barkley, un adulto ripete ciascuna delle sue richieste in media da tre a sette volte. Il bambino sa esattamente quante volte il padre gli ripeterà le cose, sa quante volte lo farà la madre. E’ come se il piccolo dicesse “Perché ascoltare alla prima, quando mi ripeterà le cose tre volte…”
E quando le ripetizioni non sono efficaci, il genitore minaccia. Ma anche in questo caso sono solo parole, e il bambino lo sa. Diamo raramente esecuzione alle minacce. E quando le minacce non funzionano, il genitore si sente impotente e diventa aggressivo. Ma gridando si perde di più di quello che si guadagna. Si danneggia la stima del bambino e a sua volta, questo, griderà quando vorrà essere ascoltato, cosa che farà ancora maggiori danni.
ATTENZIONE: il bambino non è responsabile di queste grida e delle minacce di un genitore. Essendo dei modelli per il figlio, inoltre, i genitori che dicono al figlio che è lui il responsabile del loro comportamento, gli insegnano a non assumersi la responsabilità per i suoi gesti! Quando il bambino commetterà qualche errore, sarà colpa degli altri.
Ogni volta che l’adulto ripete, incoraggia il bambino a non ascoltare la sua prima richiesta. Questo comportamento è remunerativo per il bambino. Inoltre, se soffre per mancanza di attenzione, ecco un modo per ottenerla.
Per smettere dunque di ripeter sempre le stesse richieste e per ottenere la collaborazione di nostro figlio ecco alcune “tappe” da seguire:
  • E’ possibile ignorare il comportamento di mio figlio? Decidiamo quando intervenire, non facciamolo sempre.
  • Sono un modello per quello che riguarda la mia richiesta? Se la risposta è negativa non interveniamo.
  • Tempo di esclusività. Dedichiamo a nostro figlio del tempo solo per loro, soddisfiamo anzitutto i suoi bisogni affettivi (amore, competenza, libertà, piacere, sicurezza)
  • Interveniamo con strumenti positivi.
Quando chiedete ad un bambino di fare qualcosa, se non ha iniziato a eseguire la consegna nei secondi successivi, andate a prenderlo per mano, senza parlare, e portatelo a fare quello che gli avete chiesto. Si allontana di nuovo? Andate nuovamente a prenderlo. Evitate di ridere e giocare e di rendere la cosa divertente, altrimenti ricompensate il fatto che non vi ascolta e lo incoraggiate a non obbedirvi.
Se insegnate ai vostri bambini ad ascoltare fin dalla prima richiesta a casa, faranno lo stesso a scuola e nei diversi contesti sociali, il che renderà la vita più semplice e più piacevole.
Se intervenite ogni volta che non rimette in ordine e se vi impegnate allo stesso modo, lo rassicurate. Siete prevedibili e il bambino sa che può fidarsi di voi.
E’ importante avere un atteggiamento corretto in tutti i vostri interventi. Attraverso il modo di parlare, il tono di voce, il bambino deve sentirsi amabile, degno di stima. Se pronunciate le stesse parole con esasperazione, avrà l’impressione di essere incompetente.