giovedì 1 settembre 2016

La Vitamina D e l'allattamento: utile anche per il bambino!

Da una ricerca dell'Università di Otago, in Nuova Zelanda, pubblicata su Journal of Nutrition è emerso che la Vitamina D aumenta nel sangue dei neonati se la mamma ne assume durante l'allattamento.

Numerosi studi dimostrano come la Vitamina D sia essenziale nel metabolismo oseeo e quindi sia molto utile anche nelle prime fasi della crescita e quindi l'aumento di questa vitamina nel sangue favorisce senza dubbio la normale crescita del bambino.

Inoltre gli effetti della Vitamina D sono benefici per molti altri organi e apparati: favorisce lo sviluppo e mantiene integre le funzioni cognitive, agisce sull'apparato cardiovascolare riducendo il rischio di infarto, riduce i sintomi dell'asma e abbassa il rischio timorale.

E' evidente che questa vitamina sia utile a grandi e piccini e quindi se ne raccomanda l'integrazione anche durante la gravidanza e l'allattamento.

Dott.ssa Giulia Mori - Medico di Medicina Generale

domenica 28 agosto 2016

Cos'è e come funziona la nostra memoria/ prima parte

Memoria


La memoria è un’abilità cognitiva complessa che permette di immagazzinare, conservare e recuperare informazioni. Senza memoria non vi è azione, percezione, pensiero. Senza memoria non è presente vita psichica come noi la conosciamo ed intendiamo. Lo psichismo si iscrive nella temporalità, strettamente connesso all’attività della memoria che si svolge attraverso alcuni meccanismi fondamentali così riassumibili:
  • codifica che si riferisce al modo in cui l’informazione viene tradotta in una rappresentazione interna registrabile in memoria;
  • ritenzione: attività che corrisponde al mantenimento nel tempo dell’informazione acquisita in memoria;
  •  recupero: si riferisce al modo in cui l’informazione archiviata in memoria viene ripresa. A livello neurofisiologico la memoria non ha un centro neuronale specifico deputato ai processi mnestici.  Questa attività cognitiva non è localizzata in singole zone dei nostri emisferi cerebrali ma è il risultato di un’attività “distribuita” nell’intero cervello.
La memoria ci consente di conservare tracce della nostra esperienza passata e di servircene per entrare in rapporto con la realtà, presente e futura
La memoria ci permette infatti grazie alla presenza di ricordi di esperienze vissute ed ai loro risultati, di fare programmi e progetti per il presente ed il futuro, correggendo gli errori precedenti ed utilizzando i successi come base per la risoluzione di problemi e di azioni successive.
Essa interviene in tutti i  nostri processi mentali: la percezione, l’attenzione, l’apprendimento e il pensiero.  
Atkinson e Shiffrin, due importanti psicologi, studiosi dei processi di memoria, ritengono che vi siano tre memorie, cioè, la  memoria sensoriale, la memoria a breve termine (MBT) e la memoria a lungo termine (MLT) .
Vediamo sinteticamente le attività svolte dai diversi tipi di memoria.
La memoria sensoriale trattiene per alcun attimi una quantità elevata di informazioni rendendoci così possibile la percezione della realtà. La memoria sensoriale presenta caratteristiche diverse a seconda dei sensi coinvolti:
  • La memoria sensoriale visiva, chiamata “memoria iconica” è un tipo particolare di memoria di cui generalmente non siamo consapevoli e che ci permette di ricordare cose o immagini viste anche per pochi istanti.
  • La memoria sensoriale uditiva, chiamata “memoria ecoica”, dura circa due secondi e ha un’importanza fondamentale nella comprensione del linguaggio verbale. Le parole sono infatti costituite da un insieme di suoni ed una persona non è in grado di identificare una parola se non prima di averne udito tutti i suoni.
La memoria a breve termine (MBT) trattiene le informazioni per un breve spazio di tempo (qualche decina di secondi), dopo il quale esse i scompaiono. La MBT è in grado di contenere contemporaneamente solo poche unità di informazioni: nell’individuo adulto, circa sette, con piccole variazione a seconda delle caratteristiche del materiale da ricordare. Se le informazioni presenti in essa non vengono trasferite nella MLT sono destinate a scomparire. Per evitare questo, si utilizza in modo automatico o volontario una tecnica, chiamata reiterazione che consistente nel ripetere più volte l’informazione, a voce o solo con il pensiero. La MBT ha una funzione di transito per le informazioni provenienti dalla memoria sensoriale prima che esse si trasformino in tracce permanenti, definite tracce mnestiche, nella MLT.
La MBT  è definita anche “memoria di servizio” perchè al suo interno vengono attuate strategie di elaborazione delle informazioni poi richiamate nella Memoria a Lungo Termine.

giovedì 14 gennaio 2016

La cannabis shunk e l'insorgenza delle psicosi

La cannabis shunk e l'insorgenza di psicosi
La cannabis shunk danneggia mente e cervello

Una ricerca condotta al Kings College di Londra ha rilevato un dato molto allarmante: una variante ibrida della comune cannabis, detta “shunk” (creata e molto diffusa a partire dagli ann ’80) provoca, nella metà delle persone che ne fanno uso, l’insorgenza di psicosi schizofreniche con la presenza di allucinazioni visive ed uditive ed alterazioni dell’umore con alternanza di euforia e depressione ed attacchi d’ira.
Lo studio, condotto da un team di ricercatori guidato dal professor R. Murray psichiatra presso il Kings College dall'anno 2005 all'anno 2011, ha coinvolto 800 persone di età compresa tra i 18 ed i 65 anni.
Qualche tempo fa sia a livello di senso comune che tra alcuni gruppi di scienziati, si era diffusa l’idea che coloro che utilizzano la cannabis siano persone già in partenza un po’ “strane” e che quindi presentino una particolare vulnerabilità a sviluppare alcune psicopatologie e dipendenze da sostanze oltre comportamentali. Un’altra corrente scientifica sosteneva invece che esistono delle psicosi (grave disturbi mentale ed emozionale che altera il rapporto con la realtà esterna ed interna) scatenate da sostanze. Lo psichiatra Robin Murray dopo aver svolto uno studio clinico e statistico insieme ai suoi collaboratori, ha evidenziato che nel solo Sud di Londra su tre persone intervistate, due dichiaravano di aver fumato cannabis nel corso della loro vita e che quindi, sembrerebbe impossibile che “due persone su tre possano essere classificate come non normali” o “strane”. Patendo da questi dati raccolti e da alcune premesse scientifiche, i ricercatori hanno studiato per un lungo periodo di tempo, tutti i casi che negli ospedali e cliniche della zona sud di Londra,venivano ricoverate per “episodi psicotici” caratterizzati da sintomi come quelli sopra descritti: allucinazioni uditive e visive deliri attacchi d’ira alternanza di euforia e depressione Le loro conclusioni, sono state pubblicate dal giornale scientifico The Lancet Psychyatry.

CONCLUSIONI DELLA RICERCA

 La prima logica conclusione di questa ricerca ed analisi clinica a livello scientifico è la seguente: il consumo di super cannabis (shunk) è un forte predittivo di patologie psicotiche. Solo nel Sud di Londra infatti, ben il 24% delle psicosi diagnosticate durante quel periodo, erano state scatenate dall'assunzione di cannabis potenziata o shunk. L’assunzione di shunk, in chi ne fa uso, triplica il rischio di psicosi rispetto a chi non assume tale sostanza. Non solo: purtroppo il rischio diventa 5 volte maggiore se la super cannabis viene consumata tutti i giorni. Il rischio non aumenta invece nelle stesse proporzioni fumando cannabis normale o non potenziata. Uno dei motivi dello scatenarsi delle psicosi utilizzando la cannabis potenziata, sembra essere connesso ad una minore quantità in essa, di THC (tetraidrocannabinolo), la molecola responsabile degli effetti psicoattivi della cannabis che provoca la sensazione di stordimento e che è presente nella cannabis shunk in una quantità ridotta, solo il 4% rispetto al 15% che generalmente è invece presente nella cannabis non potenziata.

 RISCHI E PERICOLI CON LO SHUNK O CANNABIS POTENZIATA

 Secondo gli autori di questa ricerca e R. Murray, psichiatra del Kings College di Londra che li ha diretti, è assolutamente necessario mettere a conoscenza del pubblico, dei ragazzi, dei medici, degli insegnanti, genitori e di tutti coloro che lavorano con i giovani, particolarmente con gli adolescenti – fascia d’età molto vulnerabile al possibile consumo per via del desiderio di sperimentare che gli è propria ed anche per la facile influenzabilità – dei gravi rischi connessi all'assunzione di questa droga potenziata anche in considerazione del fatto che nei soli Paesi Bassi attualmente sono già disponibili altre forme di cannabis potenziate ritenute due volte più potenti di quelle che in Gran Bretagna nelle persone ricoverate per psicosi, avevano scatenato questi gravi disturbi mentali e grandi sofferenze. Questa evidenza, contrapposta a quella del mercato fiorente di cannabis comune e cannabis fortemente potenziata, riaccende naturalmente il dibattito tra chi sostiene la depenalizzazione e chi invece si oppone ad essa, nell’uso della droga.

 DEPENALIZZAZIONE O NO

Considerando che la tendenza prevalente a livello mondiale è attualmente quella della depenalizzazione ma anche, contemporaneamente, quella della creazione di droghe sempre più potenti e pericolose, si evidenzia la necessità estremamente urgente di effettuare ed applicare progetti informativi ed educativi rivolti soprattutto ai giovani ed ai giovanissimi per renderli consapevoli dei rischi molto gravi che si corrono nell'assumerle. Nei giovanissimi infatti, la droga oltre a provocare o a slatentizzare gravi patologie psichiatriche che rientrano nelle psicosi come la schizofrenia ed il disturbo bipolare, può provocare anche danni al cervello ed alterazioni anatomiche della massa cerebrale nel suo complesso. Questo a sua volta è spesso alla base di gravi stati di ansia e depressione difficili da curare.
Anche in Italia infatti, come spiega il prof. C. Altamura psichiatra all'Università di Milano, sono numerosissime le richieste di aiuto da parte di adolescenti di età inferiore ai 20 anni che si rivolgono alle strutture sanitarie per questi problemi – grave ansia e depressione – associati ad un abuso di droghe a cui spesso si connette anche quello dell’alcol, due sostanze che si potenziano, in negativo, a vicenda.

 Rispetto al dibattito tra depenalizzazione o no, è necessario tener presente che se è vero che la cannabis per alcune sue caratteristiche può essere utilizzata a livello medico in dosaggi terapeutici minimi efficaci per portare sollievo a persone che soffrono di alcune determinate – e spesso gravi – patologie fisiche e spesso degenerative, è altrettanto vero però che là dove essa non è invece prescritta dal medico ma utilizzata come droga da cui si è dipendenti o “da provare”, spesso l’acquisto della stessa nelle sue forme potenziate e più pericolose, avviene online – tramite siti internet – da parte dei ragazzi, in modo tale da poter così eludere tanto la prescrizione medica che addirittura, la stessa trattativa con gli spacciatori, per essere certi di “procurarsela”.

 Un aspetto questo che porta una gran parte dei medici e degli operatori sanitari che tutti i giorni negli ultimi anni affrontano, insieme a loro ed alle loro famiglie i problemi di giovani e giovanissimi con gravi disturbi di psicosi scatenati dalla cannabis, a pensare che non potendo farlo personalmente o come categoria, di porre un freno a questa deriva, dovrebbero piuttosto farlo i politici con i mezzi legali che gli sono propri. Prendendo in merito una posizione ferma ed unitaria, una decisione per fermare questo fenomeno di deriva a cui i nostri giovani sono esposti. I politici potrebbero e dovrebbero intervenire per stabilire legalmente i limiti ed i confini oltre i quali la vendita della cannabis shunk, a livello pubblico, considerati i gravi rischi di salute pubblica – le psicosi sono disturbi mentali gravi ed i figli di ognuno di noi, assumendo tale sostanza potrebbe andarvi incontro – che sono ad essa connessa, non dovrebbe essere permessa.