I
defibrillatori sono dispositivi usati per applicare, mediante elettrodi, scariche elettriche di elevata intensità e
breve durata attraverso il torace del paziente, allo scopo di ripristinare una
normale attività cardiaca. Questa, perché garantisca un’immissione sufficiente
di sangue in circolo da parte del cuore, deve essere ritmica e con una frequenza
di battito entro i limiti fisiologici. Nei casi di aritmie l’uso del defibrillatore
può far la differenza fra vivere o morire.
I defibrillatori possono essere suddivisi in automatici, semiautomatici e manuali. Nei primi due casi ai dispositivi che costituiscono un defibrillatore esterno standard si aggiunge un circuito diagnostico in grado di determinare automaticamente la necessità di applicare una scarica, eliminando la necessità per l’operatore di dover preventivamente interpretare l’ECG. Questa tendenza all’automatizzazione rende possibile l’utilizzo di tali apparecchiature anche da personale non medico, adeguatamente istruito con un breve corso di rianimazione cardiopolomonare, dopo il quale viene rilasciato un patentino.
Un recente decreto dei ministeri della Salute e dell’Economia stabilisce i criteri e le modalità per la diffusione dei defibrillatori semiautomatici, tuttavia la legge delega alle regioni i piani attuativi e non impone nessun obbligo per la presenza dei defibrillatori semiautomatici nei luoghi pubblici, rendendone indispensabile l’uso solo per le società sportive.
Un vuoto legislativo incomprensibile se si pensa che ogni anno 60.000 persone muoiono di morte cardiaca improvvisa e che i costi di un defibrillatore sono assolutamente contenuti (a partire da 800 euro) e se ne trovano di tutte le marche (ad esempio LIFE-POINT, Heartsine Samaritan, BTL, Generale electric, DEFIBTECH, Saver One, Philips). Infine, considerata l’utilità di questi dispositivi salvavita, stupisce l’applicazione di un’aliquota IVA del 22% sul prezzo di vendita, quasi si trattasse di un bene di lusso superfluo, alla stregua di profumi, capi di abbigliamento e smatphone.
I defibrillatori possono essere suddivisi in automatici, semiautomatici e manuali. Nei primi due casi ai dispositivi che costituiscono un defibrillatore esterno standard si aggiunge un circuito diagnostico in grado di determinare automaticamente la necessità di applicare una scarica, eliminando la necessità per l’operatore di dover preventivamente interpretare l’ECG. Questa tendenza all’automatizzazione rende possibile l’utilizzo di tali apparecchiature anche da personale non medico, adeguatamente istruito con un breve corso di rianimazione cardiopolomonare, dopo il quale viene rilasciato un patentino.
Un recente decreto dei ministeri della Salute e dell’Economia stabilisce i criteri e le modalità per la diffusione dei defibrillatori semiautomatici, tuttavia la legge delega alle regioni i piani attuativi e non impone nessun obbligo per la presenza dei defibrillatori semiautomatici nei luoghi pubblici, rendendone indispensabile l’uso solo per le società sportive.
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Un vuoto legislativo incomprensibile se si pensa che ogni anno 60.000 persone muoiono di morte cardiaca improvvisa e che i costi di un defibrillatore sono assolutamente contenuti (a partire da 800 euro) e se ne trovano di tutte le marche (ad esempio LIFE-POINT, Heartsine Samaritan, BTL, Generale electric, DEFIBTECH, Saver One, Philips). Infine, considerata l’utilità di questi dispositivi salvavita, stupisce l’applicazione di un’aliquota IVA del 22% sul prezzo di vendita, quasi si trattasse di un bene di lusso superfluo, alla stregua di profumi, capi di abbigliamento e smatphone.
è un'altro scandalo all'italiana,intanto sui campi di calcio dilettanti muoiono ragazzi giovani
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