mercoledì 11 novembre 2015

Non è reato la selezione di embrioni, ma la loro soppressione si…..

La diagnosi genetica preimpianto
La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza a dir poco discutibile: in caso di gravi malattie a trasmissione genetica non è reato la selezione degli embrioni al fine di impiantare solo quelli sani. Rimane, però in vigore la Legge 40 che vieta e sanziona penalmente la soppressione degli embrioni anche se malati.

La questione è stata posta all’attenzione della Corte Costituzionale dal Tribunale di Napoli che, nell’ambito di un procedimento penale contro un gruppo di medici perseguiti con l’accusa di produrre embrioni selezionati eugeneticamente sopprimendo quelli affetti da gravi patologie.

La sentenza ha quindi decretato che non è reato la selezione degli embrioni fecondati «esclusivamente finalizzata ad evitare l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità» perché la precedente legge 40 violava gli articoli 3 (uguaglianza) e 32 della Costituzione (diritto alla salute).

Il problema di cosa fare con gli embrioni portatori di patologie genetiche, però, rimane. La legge italiana vieta la loro soppressione, vieta il loro utilizzo ai fini di ricerca, permette solo la loro conservazione ma per quanto? La domanda è pesante e la questione morale sollevata è davvero molto grave. Se da un alto, infatti, è rispettato il diritto della coppia che si rivolge alla fecondazione assistita di avere un figlio sano, dall'altro si pone la grave questione del destino degli embrioni ibernati che rimarranno tali fino a che un legislatore non avrà il coraggio di modificare una legge che è stata fatta e poi modificata a pezzi, senza tenere contro della globalità della questione etica relativa alla manipolazione della vita umana.

Le opinioni favorevoli e contrarie:

«Si tratta di una sentenza importante perché toglie finalmente ogni ombra dalla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto - spiega Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni -. Qui non si tratta di eugenetica, ma di tutela della salute della donna e dell’embrione stesso: cadendo il reato di selezione, la diagnosi preimpianto è adesso pienamente legittima. In questo modo si evita che una donna possa vedersi impiantato un embrione malato con la prospettiva eventuale di un aborto. Ad oggi - prosegue Filomena Gallo - la diagnosi preimpianto per le coppie fertili ma con patologie genetiche viene fatta solo in tre ospedali pubblici italiani, mentre viene fornita in tutte le strutture private. Per ricevere un servizio garantito da una precedente sentenza della Corte Costituzionale, le coppie dovevano rivolgersi ai tribunali, che con innumerevoli ordinanze hanno costretto gli ospedali pubblici a fornire il servizio o a richiederlo a una struttura convenzionata».

Con questa sentenza viene confermato quanto stabilito precedentemente dalla stessa Corte Costituzionale, secondo cui era caduto l’obbligo a impiantare tutti gli embrioni prodotti con la fecondazione assistita. spiega il professor Antonio Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica presso la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma e Policlinico Gemelli Il problema è che ci troviamo davanti a una situazione in cui soccombe il principio di autonomia e dignità dell’embrione, stabilito dall’articolo 1 della stessa legge 40 («assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito», ndr). Dobbiamo chiederci: chi è malato non ha il diritto di vivere? È giusto e comprensibile che una coppia desideri un figlio sano, ma è la medicina che deve porsi questo problema prima ancora di concepire l’embrione. Esistono per esempio delle tecniche per attuare una fecondazione con sperma o gameti eliminando patologie genetiche, come l’eliminazione di un globulo polare che consente di scartare la parte malata del gamete: la ricerca dovrebbe puntare su questo. Qui siamo di fronte a una forma indiretta di eugenetica: gli embrioni malati non vengono distrutti ma messi in un limbo. Dobbiamo chiederci: che dignità ha l’embrione? È una questione di coerenza scientifica, più ancora che di morale.

Il professor Spagnolo solleva poi una questione ancora più delicata: È sbagliato parlare di “embrioni malati”, perché in un embrione posso vedere un danno genetico, non una patologia conclamata. E non è detto che un danno genetico porti nel 100% dei casi a sviluppare una malattia.

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