La diagnosi genetica preimpianto |
La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza a dir poco
discutibile: in caso di gravi malattie a trasmissione genetica non è reato la
selezione degli embrioni al fine di impiantare solo quelli sani. Rimane, però
in vigore la Legge 40 che vieta e sanziona penalmente la soppressione degli
embrioni anche se malati.
La questione è stata posta all’attenzione della Corte
Costituzionale dal Tribunale di Napoli che, nell’ambito di un procedimento
penale contro un gruppo di medici perseguiti con l’accusa di produrre embrioni
selezionati eugeneticamente sopprimendo quelli affetti da gravi patologie.
La sentenza ha quindi decretato che non è reato la selezione
degli embrioni fecondati «esclusivamente finalizzata ad evitare
l’impianto nell’utero della donna di embrioni affetti da malattie genetiche
trasmissibili rispondenti ai criteri di gravità» perché la precedente
legge 40 violava gli articoli 3 (uguaglianza) e 32 della Costituzione (diritto
alla salute).
Il problema di cosa fare con gli embrioni portatori di
patologie genetiche, però, rimane. La legge italiana vieta la loro
soppressione, vieta il loro utilizzo ai fini di ricerca, permette solo la loro
conservazione ma per quanto? La domanda è pesante e la questione morale
sollevata è davvero molto grave. Se da un alto, infatti, è rispettato il diritto della coppia
che si rivolge alla fecondazione assistita di avere un figlio sano, dall'altro
si pone la grave questione del destino degli embrioni ibernati che rimarranno
tali fino a che un legislatore non avrà il coraggio di modificare una legge che
è stata fatta e poi modificata a pezzi, senza tenere contro della globalità
della questione etica relativa alla manipolazione della vita umana.
Le opinioni favorevoli e contrarie:
«Si tratta di una sentenza importante perché toglie
finalmente ogni ombra dalla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto -
spiega Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca
Coscioni -. Qui non si tratta di eugenetica, ma di tutela della salute della
donna e dell’embrione stesso: cadendo il reato di selezione, la diagnosi
preimpianto è adesso pienamente legittima. In questo modo si evita che una
donna possa vedersi impiantato un embrione malato con la prospettiva eventuale
di un aborto. Ad oggi - prosegue Filomena Gallo - la diagnosi preimpianto per
le coppie fertili ma con patologie genetiche viene fatta solo in tre ospedali
pubblici italiani, mentre viene fornita in tutte le strutture private. Per
ricevere un servizio garantito da una precedente sentenza della Corte
Costituzionale, le coppie dovevano rivolgersi ai tribunali, che con
innumerevoli ordinanze hanno costretto gli ospedali pubblici a fornire il
servizio o a richiederlo a una struttura convenzionata».
“Con
questa sentenza viene confermato quanto stabilito precedentemente dalla stessa
Corte Costituzionale, secondo cui era caduto l’obbligo a impiantare tutti gli
embrioni prodotti con la fecondazione assistita.” spiega
il professor Antonio Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica presso la
Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma e Policlinico Gemelli “Il problema è che ci
troviamo davanti a una situazione in cui soccombe il principio di autonomia e
dignità dell’embrione, stabilito dall’articolo 1 della stessa legge 40 («assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti,
compreso il concepito», ndr).
Dobbiamo chiederci: chi è
malato non ha il diritto di vivere? È giusto e comprensibile che una coppia
desideri un figlio sano, ma è la medicina che deve porsi questo problema prima
ancora di concepire l’embrione. Esistono per esempio delle tecniche per attuare
una fecondazione con sperma o gameti eliminando patologie genetiche, come
l’eliminazione di un globulo polare che consente di scartare la parte malata
del gamete: la ricerca dovrebbe puntare su questo. Qui siamo di fronte a una forma
indiretta di eugenetica: gli embrioni malati non vengono distrutti ma messi in
un limbo. Dobbiamo chiederci: che dignità ha l’embrione? È una questione di
coerenza scientifica, più ancora che di morale.”
Il professor Spagnolo solleva poi una questione ancora più
delicata: “È
sbagliato parlare di “embrioni malati”, perché in un embrione posso vedere un
danno genetico, non una patologia conclamata. E non è detto che un danno
genetico porti nel 100% dei casi a sviluppare una malattia”.
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